
«Se
sarò il sindaco di questa città, le aziende della mia famiglia non
parteciperanno alle gare bandite dal Comune». Questa la premessa di
De Pascalis e poi, con tono deciso e sguardo fisso alla traboccante
platea: «Quindi non ho alcun conflitto d’interesse e la scelta di
candidarmi è stata difficile anche per questo. La situazione
economica non è facile, e non si rinuncia a cuor leggero a
partecipare a gare pubbliche, ma Galatina sta morendo e ognuno deve
mettere le proprie conoscenze a disposizione degli altri per tentare
di far crescere al meglio la propria collettività
». Prima del suo discorso ha voluto che fosse proiettato un frame
tratto da “Quinto Potere” per riprendere poi il sentimento di
rabbia che traspare nel monologo clou del film e farlo proprio. Una
rabbia per l’ospedale declassato, per il buco da 12 milioni di euro
delle casse comunali, per i beni messi all’asta
«per
le incaute scelte di chi ci ha preceduto e ha
determinato questo dissesto»,
per il degrado del centro storico, per gli sprechi, per gli stipendi
e gli incentivi «da grandi manager», per le frazioni con le strade
piene di buche e Santa Barbara «la più dimenticata».
Non
solo rabbia, ma anche le leve che azionerà se Galatina lo vorrà
primo cittadino.
«La
casa comunale – ha affermato – non può reggere in assenza di
programmazione,
serve
una spending review seria e non di facciata, serve un serio controllo
sui centri di costo, è necessaria una costante formazione del
personale dipendente per migliorare le loro competenze. Non possiamo
permetterci un sistema informatico obsoleto, non permetterò sprechi
energetici».
E poi la chiusa: «Se
sarò il vostro sindaco, non lasciateci soli».
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